Una delle tematiche che interessano frequentemente i proprietari di fondi agricoli attiene all’esatta individuazione dei confini con i terreni attigui ovvero si trovano nella necessita’ di procedere con il regolamento di confini ed all’apposizione di termini, che rientrano tra le azioni a difesa della proprietà contemplate dagli artt. 950 e 951 del nostro Codice Civile.
L’art. 950 Cod. Civ., rubricato Azione di regolamento di confini, stabilisce che quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. L’azione, che spetta al proprietario nei confronti del confinante, è volta, appunto, ad accertare giudizialmente il confine tra due fondi contigui ed, eventualmente, ad ottenere la condanna alla restituzione della striscia di terreno che, dalla fissazione della linea di confine, dovesse risultare posseduta dal soggetto non proprietario.
L’art. 951 Cod. Civ., rubricato Azione per apposizione di termini, presuppone invece che il confine sia certo e tende a far apporre o a ristabilire, a spese comuni, i segnali di confine (siepi, staccionate, picchetti, pietre) quando manchino o siano diventati irriconoscibili. La domanda di apposizione di termini ha per presupposto che i confini siano certi e non contestati tra le parti (oltre che manchino o non siano riconoscibili i segni posti a delimitazione dei confini stessi) o perché esista un accordo tra le parti oppure perché sulla loro ubicazione si sia formato già un giudicato.
L’actio finium regundorum ex art. 950 Cod. Civ. si articola nelle due tipologie dell’incertezza oggettiva, allorché manchi una chiara delimitazione tra due fondi (come in caso di uso promiscuo del tratto di terreno ubicato nella zona confinaria), e dell’incertezza soggettiva, allorché sia contestato l’avvenuto sconfinamento ad opera del vicino per mezzo della delimitazione esistente sul confine.
Ai sensi dell’art. 950 Cod. Civ., commi 2 e 3, la prova dell’ubicazione del confine può essere fornita con ogni mezzo; in mancanza di altri elementi, il Giudice si atterrà al confine delineato dalle mappe catastali. Sebbene il legislatore non abbia stilato alcuna graduatoria quanto alla rilevanza delle altre prove ammissibili, si ritiene che debbano valutarsi, in via preliminare, i titoli di acquisto e le planimetrie ivi allegate ovvero i frazionamenti allegati agli atti di divisione (vedi Cass. civ. Sez. II, 22/02/2018, n. 4315). Non di meno, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi risultino comunque inidonei alla determinazione certa del confine.
L’azione di regolamento dei confini mira esclusivamente ad eliminare un’incertezza sulla demarcazione tra fondi, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, e, quindi, presuppone che l’incertezza, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà. In applicazione dell’enunciato principio, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza n. 11822/2018, ha escluso, con riferimento ad una lite intercorsa fra i proprietari di due immobili confinanti che avevano ricevuto il loro bene da una stessa cooperativa, che la questione avente ad oggetto l’assegnazione, da parte di tale cooperativa, di un terreno di estensione inferiore a quella promessa configurasse la situazione di incertezza sui confini che costituisce il presupposto dell’azione di regolamento dei confini.
L’azione di regolamento dei confini si distingue infatti da un’altra azione a difesa della proprietà, disciplinata dall’art. 948 Cod. Civ. .c., che è l’azione di rivendicazione, concessa al proprietario per recuperare la cosa da chi la possiede o la detiene. Tale norma prevede che il proprietario possa rivendicare la cosa da chiunque la possieda o la detenga e possa proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, abbia cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l’attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.
Poiché il discrimen tra l’azione di rivendica e quella di regolamento dei confini è la ricorrenza di una situazione di incertezza sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà, la seconda azione non muta natura, trasformandosi nella prima, nel caso in cui l’attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino. In applicazione dell’enunciato principio, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza n. 22645/2018, ha inquadrato la vicenda nell’ambito dell’azione di regolamento di confini, a fronte di una domanda dell’attore che assumeva l’avvenuta realizzazione di una costruzione su di una parte del suo fondo e di una difesa della convenuta la quale, senza contestare il titolo del primo, si era limitata a sostenere che in realtà il suo titolo prevedeva il trasferimento di un bene avente dimensioni tali da includere anche la porzione interessata dalla domanda attorea.
Allorché il proprietario, convenuto con azione di regolamento dei confini, proponga un’eccezione di usucapione, con cui faccia valere una situazione sopravvenuta, idonea ad eliminare l’incertezza sul confine, senza con ciò mettere in discussione il titolo d’acquisto vantato dall’attore, non muta la natura di detta azione, come invece accade nell’ipotesi in cui il convenuto invochi un acquisto per usucapione anteriore all’acquisto dell’attore, del quale, in conseguenza, viene contestata la validità; in tale ultimo caso, infatti, si verifica il conflitto di titoli che è presupposto dell’azione di rivendicazione.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità (vedi Cass. civ. Sez. VI Ord., 26/10/2011, n. 22348) ha statuito che chi intende avvalersi dell’accessione del possesso di cui all’art. 1146, secondo comma, cod. civ., per unire il proprio possesso a quello del dante causa ai fini dell’usucapione, deve fornire la prova di aver acquisito un titolo astrattamente idoneo (ancorché invalido o proveniente a non domino) a giustificare la traditio del bene oggetto della signoria di fatto, operando detta accessione con riferimento e nei limiti del titolo traslativo e non oltre lo stesso. Ne consegue che il convenuto in azione di regolamento di confini che eccepisca l’intervenuta usucapione invocando l’accessione del possesso, deve fornire la prova dell’avvenuta traditio in virtù di un contratto comunque volto a trasferire la proprietà del bene in questione.
Lo studio rimane ovviamente a disposizione per risolvere problematiche legate agli argomenti citati.
Avv. Marcello Maria BOSSI
Avv. Alessia GOLZIO