L’argomento di seguito analizzato si incentra sul discusso tema della responsabilità ed autonomia dell’operato dell’infermiere nell’attività di somministrazione delle terapie farmacologiche.
In passato la figura dell’infermiere è stata sempre qualificata come subordinata ed ausiliaria del medico, dovendone seguire le direttive e ponendosi solo in funzione di esecutore. Questa condizione è stata cristallizzata in diverse disposizioni legislative come ad esempio l’individuazione del mansionario con il D.P.R. 14 Marzo 1974 n. 225, norma questa superata in quanto abrogata con la Legge n. 42/1999.
Le prime fonti normative volte ad affermare un’autonomia di ruolo in capo alla figura dell’infermiere sono state il D.M. 14 settembre 1994 n. 42, la Legge 26.02.1999 n. 42 ma soprattutto la Legge 10 Agosto 2000 n. 251.
La Legge n. 251 del 2000, in particolare, all’art.1 recita: ”Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.”
Attraverso questa disposizione normativa il concetto di autonomia è stato riformulato, prevedendosi l’esclusione di qualsiasi vincolo di subordinazione della professione di infermiere rispetto alle altre professioni sanitarie.
La Legge n. 251 del 2000 funge da criterio guida per poter ricavare le competenze infermieristiche rispetto a quelle degli altri professionisti sanitari ed a quelle dei medici.
Le innovazioni apportate dall’entrata in vigore della suddetta fonte normativa hanno comportato radicali cambiamenti soprattutto sul fronte della titolarità di un’autonoma posizione di garanzia in capo all’infermiere che ne fonda la responsabilità penale in diverse situazioni operative. Attraverso queste disposizioni, in combinato con il Codice Deontologico, peraltro recentemente approvato il 13.04.2019 dal Consiglio Nazionale FNOPI, l’infermiere viene ritenuto titolare di un’autonoma posizione di garanzia qualora si trovi a gestire situazioni legate alla propria sfera di competenza.
La responsabilità nel caso di somministrazione dei farmaci è quindi ripartita tra medico ed infermiere, dovendo entrambi assumere una posizione di garanzia con l’obbligo di vigilanza e controllo delle attività delegate.
La posizione di garanzia in capo all’infermiere fa sì che egli possa andare incontro a responsabilità penale sulla scorta dell’art. 40, comma 2 Cod. Pen. nel caso in cui sussista a suo carico l’obbligo giuridico di impedire l’evento ma non l’abbia fatto.
È importante, nello svolgimento delle attività di reparto, che l’infermiere non ometta di avvisare il medico in caso di aggravamento delle condizioni cliniche del paziente e soprattutto sia prudente nella somministrazione dei farmaci per non incorrere nella responsabilità ex art. 40 Cod. Pen..
La responsabilità penale si fonda sulla titolarità di autonome posizioni di garanzia, quella dell’infermiere, quella del medico e quella degli altri operatori sanitari, che impongono di andare a tutelare il fondamentale bene giuridico a cui sono preposti, la salute del paziente. Laddove un’autonoma posizione di garanzia non abbia impedito l’evento, il nesso di causalità tra la condotta omissiva del titolare di una situazione di garanzia e l’evento stesso non viene meno per il mancato intervento da parte di un altro destinatario dell’obbligo di impedirlo, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 Cod. Pen..
Nella somministrazione dei farmaci, l’infermiere non è un mero esecutore ma un collaboratore del medico prescrittore; in caso di dubbio circa l’operato del medico relativamente alla correttezza della prescrizione o relativamente a dubbi interpretativi, dovrà provvedere a segnalare tali perplessità per evitare di incorrere entrambi nelle responsabilità penali.
Il D.M. 739/1994, in combinato con il Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche, stabilisce che l’infermiere partecipa ai bisogni della persona e garantisce la perfetta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche, agendo con prudenza, in base al proprio livello di competenza.
Il Ministero della Salute ha imposto due raccomandazioni al fine di evitare errori nella somministrazione dei farmaci che sono l’utilizzo delle tecnologie informatizzate e la collaborazione e comunicazione tra operatori. L’infermiere risponde, quindi, degli errori legati alla somministrazione dei farmaci e degli errori legati alla prescrizione medica che ha il dovere di rilevare e segnalare al medico prescrittore poiché incorrerebbe in responsabilità per concorso di cause (L. 251/ 2000).
La giurisprudenza di legittimità ha confermato in moltissime pronunce la sussistenza della posizione di garanzia degli infermieri in materia di somministrazione dei farmaci stabilendo che la normativa citata, che disciplina la professione infermieristica, va a rafforzare la posizione di garanzia dell’infermiere sotto il profilo degli obblighi giuridici su di esso gravanti e connessi alla tutela della salute e della salvaguardia dell’integrità fisica dei pazienti; pertanto l’infermiere deve palesare eventuali dubbi sulla prescrizione al fine di emendare la stessa.
La Corte conferma, altresì, il dovere di collaborazione tra medico ed infermiere nelle rispettive sfere di competenza, ravvisando un dovere di somministrare i farmaci non in modo meccanicistico ma in forma di collaborazione con il personale medico al fine di rilevare eventuali errori o di condividere dubbi sulla congruità o pertinenza della terapia rispetto al soggetto.
Il rischio generato dalla condotta del medico, prescrivendo un farmaco sbagliato o farmaci incompatibili o con un dosaggio eccessivo, determinerà nell’evento due antecedenti causali: l’errore del medico e la mancata segnalazione da parte dell’infermiere. Quindi secondo la Corte di Cassazione l’infermiere è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente sia nella corretta somministrazione del farmaco in virtù di una prescrizione corretta sia in concorso di responsabilità col medico in caso di una prescrizione errata per non aver palesato le sue perplessità.
Questo orientamento viene confermato dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 20270 del 13.05.2019, nella quale viene formulato il principio di diritto secondo cui l’atto di somministrazione del farmaco è un atto collaborativo con il personale medico e non un atto meccanicistico al fine non di sindacare l’operato del medico ma di richiamare l’attenzione su errori percepiti o condividere dubbi sulla congruità o pertinenza della terapia stabilita. La non segnalazione di anomalie o di incompatibilità tra farmaco e condizioni o tra la patologia ed il farmaco comportano una responsabilità dell’infermiere circa l’obbligo di cura, assistenza e protezione del paziente che viene prescritta dalle normative citate.
Relativamente alle responsabilità conseguenti all’apposizione della firma sul foglio di terapia da parte dell’infermiere, il D.M. 14 Settembre 1994, n. 739 fornisce le opportune risposte.
Detto decreto specifica, all’art.1, comma 3, che all’infermiere compete la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. Da questa disposizione si ricava che l’infermiere si rende garante di tutte le procedure, dettate dalla migliore letteratura e manualistica professionale così come enucleato dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.
Lo stesso principio è affermato dal “Manuale della Cartella Clinica” nel quale si ribadisce l’importanza che l’infermiere si renda garante anche nella tracciabilità documentale con l’apposizione della firma degli atti infermieristici di sua responsabilità
Pur essendo unitario l’atto di somministrazione della terapia, è possibile, da un punto di vista giuridico, scomporlo in due distinti momenti: l’atto di prescrizione di competenza medica e l’atto di somministrazione di competenza infermieristica. Se questi due momenti vengono tenuti distinti, con la corretta apposizione della firma sia nell’atto di prescrizione che nell’atto di somministrazione, l’infermiere risponderà solo degli errori legati alla somministrazione. In caso contrario potranno essergli contestati atti che sono istituzionalmente di responsabilità medica. L’unica soluzione, in caso di dubbi, è fornita dalla collaborazione tra le due figure professionali, dal riferire al medico le perplessità o eventuali dubbi relativi a farmaco, patologia, dosaggio, ecc. prima di sottoscrivere il foglio di somministrazione.
La comunicazione e lo scambio di informazioni tra professionisti sanitari sono essenziali per l’armonia del processo di cura.
Avv. Marcello Maria BOSSI