A seguito dell’emergenza epidemiologica Covid19 i medici, gli infermieri e gli operatori socio-sanitari si sono visti costretti a prestare l’attività lavorativa all’interno delle strutture ospedaliere o delle R.S.A. in assenza dei requisiti minimi di sicurezza previsti ed osservando orari di lavoro di gran lunga superiori rispetto a quelli abitualmente praticati.
A fronte di tale situazione il personale sanitario ha spesso contratto il virus oltre ad averlo diffuso a terzi, ivi compresi i propri famigliari e, purtroppo, in alcuni casi è intervenuto anche il decesso del dipendente e/o dei propri familiari a causa della malattia contratta in ambito lavorativo.
Premesso che le previsioni legislative nazionali vigenti impongono al datore di lavoro di assicurare “le misure fornite dalla migliore tecnologia disponibile” e di “apprestare tutti gli accorgimenti e le cautele necessarie a garantire la massima protezione della salute del lavoratore”, fornendo allo stesso anche un’adeguata formazione ed informazione soprattutto in presenza di una situazione emergenziale, nel caso in cui il datore di lavoro medesimo abbia violato tale obbligo, il lavoratore potrà agire nei suoi confronti per ottenere il ristoro del pregiudizio patito.
Con specifico riferimento all’emergenza epidemiologica Covid 19 il personale sanitario che abbia, quindi, prestato la propria attività lavorativa in assenza delle misure di sicurezza previste ed abbia, quindi, contratto la malattia potrà valutare la possibilità di agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il risarcimento del danno patito. Analoga azione potrebbe essere esperita dai congiunti dell’operatore sanitario contagiato dal coronavirus.
Oggetto di valutazione potrà essere anche l’orario di lavoro osservato dal personale sanitario. In particolare il lavoratore potrà agire nei confronti del datore di lavoro qualora abbia operato per un numero di ore superiore rispetto a quelle contrattualmente previste e ciò abbia avuto luogo in assenza di una protezione appropriata “secondo modalità individuate mediante accordo quadro nazionale, sentite le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative” (art. 13 del D.L. n. 14/2020 – Cura Italia). In tale caso il datore di lavoro dovrà corrispondere tutti gli emolumenti (anche straordinari) della retribuzione spettanti per la prestazione resa nonché, ove sussistano i presupposti, il risarcimento del danno da usura psico-fisica patito dal dipendente a fronte della prestazione protrattasi illegittimamente oltre i tempi consentiti.
Tenuto conto del rischio specifico connesso alla diffusione del Covid19 potrebbe essere riconosciuta al personale sanitario che abbia prestato la propria attività lavorativa durante la fase di emergenza epidemiologica anche una indennità ad hoc o comunque riconducibile a quella di rischio o di prestazione di lavoro in particolari condizioni disagiate.
Potrà essere, infine, oggetto di disamina anche la legittimità del contratto di lavoro sottoposta al personale sanitario assunto durante l’emergenza epidemiologica così come potrà essere valutata, per tutto il personale impiegato, l’eventuale prestazione da parte di un dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle abitualmente praticate, al fine di ottenere il riconoscimento di una retribuzione adeguata al diverso incarico ricoperto durante il periodo di effettivo svolgimento delle stesse.
Avv. Luca ANGELERI
Avv. Elisabetta MUNARON