Covid19. Il conduttore di un immobile ad uso commerciale può sospendere il pagamento del canone di locazione?

A fronte della situazione emergenziale in corso molti imprenditori si sono visti costretti a sospendere l’attività produttiva subendo significativi pregiudizi economici e si sono domandati se fosse possibile, in assenza di una esplicita previsione contenuta nei provvedimenti emanati dal Governo italiano, sospendere il pagamento dei canoni di locazione degli immobili condotti in locazione o recedere dal contratto in essere.
Al fine di rispondere al quesito in questione occorre, in primis, verificare se la sospensione dell’attività commerciale sia riconducibile ad un ordine dell’Autorità nazionale e/o regionale o se, invece, la sospensione medesima sia riconducibile ad una scelta prudenziale dell’imprenditore stesso che, valutata la situazione di emergenza, ha ritenuto più conveniente interrompere temporaneamente la propria attività.
Nel primo caso il conduttore, poiché sussiste un provvedimento che vieta l’apertura dell’attività commerciale si trova a detenere una cosa locata che non è (quanto meno temporaneamente) idonea all’uso e comunque di fronte ad una impossibilità temporanea di utilizzo del bene connessa all’interruzione forzata dell’esercizio commerciale.
Precisato che il conduttore non può arbitrariamente “autoridursi” il canone mensile, lo stesso può, tuttavia, inoltrare al locatore una formale richiesta di rimodulazione/riduzione del canone esponendo le motivazioni a fondamento della istanza (tale richiesta potrebbe essere corredata dall’attestazione della causa di forza maggiore connessa all’epidemia di Covid19 rilasciata dalla Camera di Commercio, come previsto dalla Circolare del MISE n. 88612 del 25.03.2020).
Il conduttore potrà evidenziare che il locatore non adempie gli obblighi a lui imposti dall’art. 1575 cod. civ. (non consente in particolare il pacifico godimento dell’immobile). Poiché tale inadempimento appare da ricondursi all’ordine dell’autorità, l’impossibilità ad adempiere ricade nell’ipotesi prevista dall’art. 1463 cod. civ. che esime il locatore da conseguenze ma prevede la sua impossibilità ad esigere la controprestazione che, per il conduttore, consiste principalmente nel pagamento del canone.
Nel caso in cui l’accordo di riduzione/rimodulazione del canone venga condiviso, lo stesso dovrà avvenire in forma scritta ed essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate anche al fine di garantire al locatore di non pagare imposte sulla parte di canone effettivamente non percepita.
Nel caso in cui il locatore non ritenesse, invece, di accogliere la richiesta del conduttore quest’ultimo, per evitare di subire una procedura di sfratto per morosità, dovrebbe comunque corrispondere il canone avviando, contestualmente, una procedura di mediazione nei confronti del proprietario dell’immobile per richiedere in quella sede la riduzione in questione con compensazione delle somme nel frattempo eventualmente versate.
Si precisa, in ogni caso, come l’art. 91 del D.L. Cura Italia (n. 18/2020) abbia introdotto una norma preordinata a considerare gli effetti dell’inadempimento se i medesimi discendano dal rispetto delle misure di contenimento, precisando che la situazione in discussione sarà sempre valutata ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore e del risarcimento del danno e ciò in relazione a eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti.
La possibilità, infine, per il conduttore di recedere dal contratto è prevista espressamente dall’art. 27 della L. 392/1978 che statuisce come, in presenza di gravi motivi, il conduttore possa recedere dal contratto
ma sia tenuto a versare, per tale semestre, l’intero canone contrattuale (salvo il caso in cui le parti concordino anche con riferimento a tale semestre una rimodulazione del canone).
Diverso, invece, il caso in cui l’imprenditore abbia scelto autonomamente di interrompere temporaneamente la propria attività poiché in tale caso, in assenza di un provvedimento dell’autorità nazionale e/o regionale, non si potrebbe invocare l’inidoneità temporanea dell’immobile all’uso né tanto meno l’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta. In questo caso, quindi, l’imprenditore non potrà pretendere una riduzione/rimodulazione del canone né tanto meno la risoluzione del contratto ma eventualmente invocare l’istituto del recesso di cui al citato art. 27 della L. n. 392/1978.
Nel caso in cui, infine, il conduttore di un immobile contraddistinto a catasto come C/1 avesse pagato nel mese di marzo 2020 il canone in questione potrebbe beneficiare del credito d’imposta previsto dall’art. 65 del D.L. n. 18/2020 (c.d. “Decreto Cura Italia”). Si è in attesa di comprendere se una simile previsione verrà confermata, come si spera, anche per quanto concerne i mesi di aprile e di maggio 2020 durante i quali la maggior parte delle attività, per espressa previsione normativa, sono ancora sospese. Tale previsione non può, tuttavia e stante il disposto dell’art. 65, comma II, del D.L. n. 18/2020, essere applicata all’imprenditore che abbia scelto autonomamente di sospendere la propria attività non sussistendo, in tale caso, il presupposto per ottenere il beneficio fiscale.
Avv. Luca ANGELERI

Avv. Elisabetta MUNARON

Torino

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