Contratto a termine illegittimo: l’indennità onnicomprensiva di cui all’art. 32 della Legge n. 183 del 2010 assume valenza sanzionatoria

Con la sentenza del 07.09.2012, n. 14996 la Corte di Cassazione, analizzando la previsione normativa contenuta nell’art. 32, commi 5, 6 e 7, della Legge 4 novembre 2010, n. 183 ha confermato che le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della legge in questione. Come chiarito dalla Suprema Corte la disciplina de qua è fondata sulla ratio legis diretta ad “introdurre un criterio di liquidazione del danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione“, rispetto alle “obiettive incertezze verificatesi nell’esperienza applicativa dei criteri di commisurazione del danno secondo la legislazione previgente“.

La norma non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine ma, innanzitutto, assicura a quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in base ad una “interpretazione costituzionalmente orientata”. Secondo la Suprema Corte le previsioni normative in discussione devono essere intese nel senso che “il danno forfetizzato dall’indennità in esame copre soltanto il periodo cosiddetto “intermedio”, quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto“, con la conseguenza che a partire da tale sentenza “è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva“.
Come chiarito anche dalla Corte Costituzionale intervenuta a valutare la legittimità costituzionale della norma in questione, il nuovo regime risarcitorio non ammette la detrazione dell’aliunde perceptum, con la conseguenza che l’indennità onnicomprensiva assumerà una valenza sanzionatoria essendo dovuta in ogni caso (anche nel caso in cui, per esempio, il lavoratore abbia prontamente reperito un’altra occupazione).

Il giudice potrà, tuttavia, calibrare l’entità del risarcimento sulla base dei criteri indicati dall’art. 8 della Legge n. 604 del 1966 tenendo conto delle peculiarità delle singole vicende, come la durata del contratto a tempo determinato (evocata dal criterio dell’anzianità lavorativa), la gravità della violazione e la tempestività della reazione del lavoratore (sussumibili sotto l’indicatore del comportamento delle parti), lo sfruttamento di occasioni di lavoro (e di guadagno) altrimenti inattingibili in caso di prosecuzione del rapporto (riconducibile al parametro delle condizioni delle parti), nonché le stesse dimensioni dell’impresa (immediatamente misurabili attraverso il numero dei dipendenti). Il vantaggio per il datore di lavoro, a giudizio della Suprema Corte, deve essere ravvisato nel fatto che il medesimo ha la certezza dell’entità del danno che sarà tenuto a corrispondere per il periodo che intercorre dalla data d’interruzione del rapporto e quello dell’accertamento giudiziale del diritto del lavoratore.

Torino

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