Come si regola la successione nei rapporti agrari

Nel diritto agrario la disciplina del fenomeno successorio a causa di morte presenta, rispetto all’ordinario regime successorio, rilevanti peculiarità ispirate all’esigenza primaria di tutelare la continuità dell’impresa agricola.

La successione agraria, infatti, non ha la funzione di garantire la continuità nella titolarità di un patrimonio bensì quella di assicurare la continuità nella titolarità di un ordinamento produttivo quale è l’impresa agricola.

In tale ambito la norma di riferimento è costituita, in primo luogo, dall’art. 49 della Legge n. 203 del 3 maggio 1982 il quale al I comma prevede che “in caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento dell’apertura della successione, risultino avere esercitato e continuino ad esercitare su tali fondi l’attività agricola in qualità di imprenditori a titolo principale ai sensi dell’art. 12 legge 9 maggio 1975, n. 153, o di coltivatori diretti, hanno diritto a continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni ricomprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse. Il rapporto di affitto che così si instaura tra i coeredi è disciplinato dalle norme della presente legge, con inizio dalla data di apertura della successione”.

In altre parole, la precisata disposizione prevede la costituzione coattiva di un rapporto di affitto agrario, posto che l’erede coltivatore diretto o imprenditore agricolo diviene ex lege affittuario dei fondi di proprietà della comunione ereditaria per un periodo di 15 anni, corrispondenti alla durata legale minima dei contratti di affitto di fondi rustici prevista dall’art. 1 della Legge n. 203/1982.

Risulta, pertanto, evidente come, con tale previsione normativa, il legislatore del 1982 abbia inteso assicurare, anche dopo la morte dell’imprenditore agricolo e per un periodo di almeno 15 anni, l’integrità e la continuità dell’azienda agricola, facendo prevalere l’interesse alla continuità di gestione ed alla conservazione dell’unità economica costituita dalla medesima azienda su quello dei singoli coeredi a che non vi sia una disparità di trattamento tra di loro.

A seguito di un’attenta disamina della norma de qua si evince che affinché possa instaurarsi ex lege un rapporto di affitto agrario è necessario che, a favore dell’avente diritto, ricorrano tutti i presupposti soggettivi previsti dall’art. 49 della Legge n. 203/1982 che consistono nella qualità di erede e nel fatto di avere esercitato e di continuare ad esercitare, al momento dell’apertura della successione, sui fondi di proprietà del de cuius, attività agricola in qualità di imprenditore a titolo principale o di coltivatore diretto.

Con riferimento a tale ultimo requisito la Corte di Cassazione ha, tuttavia, precisato che l’art. 49 della Legge n. 203/1982 può trovare applicazione solo nei confronti dei familiari eredi che prima della morte del de cuius esercitavano la loro attività agricola in forza di un rapporto di fatto o di un rapporto del quale la morte abbia determinato lo scioglimento (a titolo di esempio società, associazione in partecipazione con apporto di lavoro), con esclusione pertanto dei familiari eredi che esercitavano l’attività di conduzione o coltivazione del fondo in virtù di un regolare contratto di affitto agrario, posto che, in tale caso, l’erede stesso, in qualità di concessionario ex contractu, continua ad usufruire del godimento del fondo rustico ai sensi della disposizione contenuta nel III comma del medesimo articolo, secondo cui i contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente.

Altra norma di riferimento in materia di successione agraria è costituita dall’art. 4 della Legge n. 97 del 31 gennaio 1994.

Tale disposizione, inizialmente applicabile solo ai fondi rustici ubicati in comuni montani poi estesa anche alle aziende agricole ubicate in comuni non montani dall’art. 8 del D. Lgs. n. 228/2001, prevede che gli eredi considerati affittuari, ai sensi dell’art. 49 della Legge n. 203/1982, delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli altri annessi rustici.

La norma in esame, pertanto, consente agli eredi considerati affittuari ex lege di acquistare coattivamente, alla scadenza dei 15 anni, la proprietà dei fondi rustici, ivi comprese le quote di spettanza degli altri coeredi, i quali nulla possono porre in essere per evitare che la loro sfera giuridica venga ad essere modificata.

Affinché, tuttavia, possa darsi corso all’acquisto coattivo dei fondi rustici è necessario che ricorrano i requisiti previsti dall’art. 4, II comma, della Legge n. 97/1994, ossia che l’affittuario non abbia alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a Lire 500.000, che il fondo per il quale si intende esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente già posseduti, non superi il triplo della capacità lavorativa sua e della sua famiglia e di essersi obbligati a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni.

Solo in assenza di uno di tali presupposti gli altri coeredi possono opporsi all’acquisto coattivo anche delle loro porzioni dei fondi rustici facenti parte della comunione ereditaria da parte del coerede affittuario ex art. 49 legge n. 203/1982.

Il coerede affittuario che intenda avvalersi del diritto all’acquisto coattivo della proprietà dei fondi rustici previsto dall’art. 4 della Legge n. 97/1994 è tenuto, ai sensi dell’art. 5 della medesima legge, a notificare agli altri coeredi, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di affitto ed a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto ed a versare il prezzo di acquisto entro tre mesi dall’avvenuta notificazione della dichiarazione, tale prezzo determinato, con riferimento ai terreni, dal Valore Agricolo Medio di cui all’art. 4 della Legge n. 590/1965 e, con riferimento alle scorte, pertinenze ed altri annessi rustici, dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura o dall’organo regionale corrispondente.

                                                                                                                      Avv. Marcello BOSSI

                                                                                                                      Avv. Chiara CARITA’ 

Torino

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