Un argomento sempre di grande attualità in ambito agricolo è sicuramente quello delle servitù, attive o passive, che nella sfera dei diritti reali risulta anche essere quello oggetto di maggiori problematiche e controversie tra proprietari di terreni.
Come noto, la servitù consiste nel peso imposto sopra un immobile (fondo servente) per l’utilità di un altro immobile (fondo dominante), appartenente a diverso proprietario. Il termine servitù prediale sottolinea proprio questa relazione o rapporto di servizio tra i due fondi: la definizione di servitù richiede infatti in primo luogo che essa sia stabilita in favore di un fondo e non di una persona. Si può pertanto dire che il diritto di servitù spetta a chiunque sia proprietario del fondo dominante, come accessorio del suo diritto di proprietà, dal quale non può essere disgiunto. Non è perciò possibile attribuire a una persona il diritto reale di entrare in un fondo per passeggiarvi, per esempio, o il diritto reale di raccogliervi legna o ghiaia o di scaricarvi detriti, se questa persona non è proprietaria di un altro fondo.
Non basta. La servitù deve essere costituita per l’utilità del fondo dominante: non sarebbe ammissibile, invece, costituire una servitù per un’utilità personale che non abbia una relazione oggettiva con il fondo dominante.
Non è invece necessario che i due fondi, dominante e servente, siano contigui.
Le servitù possono essere costituite in due modi: coattivamente, per imposizione della legge ovvero a seguito di una sentenza passata in giudicato o volontariamente, con contratto o per testamento. La costituzione può avere luogo anche facendo accertare giudizialmente intervenuta usucapione o la destinazione del padre di famiglia.
Per quanto riguarda le servitù coattive, per noi di maggiore interesse nella presente trattazione, la legge, all’art. 1051 Codice Civile, ammette la possibilità di imporre coattivamente una servitù di passaggio nell’ipotesi in cui un fondo sia completamente circondato da terreni altrui, così da non avere uscita sulla pubblica via. In mancanza di un diritto di passaggio sul terreno vicino, il fondo cosiddetto intercluso, sarebbe praticamente inutilizzabile. L’imposizione di una servitù di passaggio porta un aggravio al vicino, ma questo è di gran lunga inferiore al vantaggio derivante al proprietario dalla possibilità di utilizzare il fondo intercluso a scopi residenziali, agricoli o industriali.
Il diritto alla servitù sussiste, peraltro, non soltanto nell’ipotesi più grave in cui il fondo non abbia né possa avere accesso alla via pubblica (interclusione assoluta), ma anche in quella in cui il proprietario non possa procurarsi l’uscita senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa).
Nemmeno il fatto che il fondo abbia già un accesso alla via pubblica è d’ostacolo alla costituzione della servitù, qualora vi sia bisogno, ai fini del conveniente uso del fondo, di ampliare l’accesso esistente per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica (art. 1051 Codice Civile, comma 3) oppure qualora il passaggio esistente sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non possa essere ampliato (art. 1052 Codice Civile); in quest’ultimo caso, però, la costituzione della servitù è subordinata al fatto che risponda alle esigenze dell’agricoltura e dell’industria.
Il sacrificio che con l’imposizione della servitù s’impone al fondo servente dev’essere in ogni caso il minore possibile; perciò l’art. 1051 Codice Civile, comma 2, stabilisce che i criteri per la determinazione del luogo del passaggio sono la maggiore brevità dello stesso e il minor danno del fondo su cui la servitù dev’essere costituita.
L’art. 1051 Codice Civile, comma 4, stabilisce che sono esenti dalla servitù di passaggio coattivo le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti. A tal proposito, la recentissima giurisprudenza di legittimità ha stabilito che “In materia di servitù di passaggio coattivo, l’esenzione prevista dall’art. 1051, comma 4, c.c., in favore di case, cortili, giardini e aie ad esse attinenti, opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse; la norma indicata non trova invece applicazione allorché, rispettando l’esenzione, l’interclusione non potrebbe essere eliminata, comportando l’interclusione assoluta del fondo con conseguenze più pregiudizievoli rispetto al disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili. Nel giudizio di comparazione, ispirato ai principi costituzionali in materia di proprietà privata dei beni immobili e di iniziativa economica privata, il giudice deve tener conto dell’eventuale destinazione industriale del fondo intercluso, contemperando, anche mediante lo strumento indennitario, i contrapposti interessi”. (Cass. civ. Sez. II Ord., 26/06/2019, n. 17156).
Il medesimo discorso vale per una serie di ipotesi tipiche nelle quali la legge consente la costituzione di servitù coattive. Fra le principali va ricordata la servitù coattiva di acquedotto, in favore di chi abbia diritto di utilizzare acque per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali e abbia necessità di farle passare sul fondo vicino per farle giungere fino al proprio fondo (art. 1033 Codice Civile); analogamente il proprietario del fondo può essere tenuto a dare passaggio a condutture elettriche (elettrodotto coattivo, art. 1056 Codice Civile) ed a vie funicolari (art. 1057 Codice Civile).
Il diritto all’acquedotto coattivo sussiste anche quando l’acqua non è necessaria, ma utile: ho, ad esempio, l’acqua per irrigare il fondo ma posso chiedere ugualmente l’imposizione della servitù per avere una maggiore quantità di liquido e irrigare il fondo in modo che esso risulti più redditizio.
Occorre, peraltro, alla stregua di quanto è stabilito per il passaggio coattivo, che chi richiede la servitù non abbia possibilità di far passare l’acqua per i suoi fondi o di procurarsi altrimenti il passaggio senza eccessivo dispendio o disagio.
E’ opportuno chiarire in che modo si costituiscono queste servitù coattive: la legge mi attribuisce il diritto ad ottenere la servitù, ma, per costituirla concretamente, occorre o un contratto, se l’altro proprietario acconsente a riconoscere bonariamente il mio diritto, oppure occorre che mi rivolga al giudice, che con sentenza costitutiva farà nascere la servitù, determinando altresì l’indennità che devo pagare al proprietario del fondo servente, in base all’art. 1032 Codice Civile.
Le servitù si possono estinguere in tre modi: per rinuncia del titolare; per confusione (o consolidazione), se il proprietario del fondo dominante acquista la proprietà del fondo servente o, viceversa, per non uso ventennale (prescrizione).
A tutela delle servitù è preordinata l’azione confessoria servitutis, disciplinata dall’art. 1079 Codice Civile, in forza della quale, di fronte ad una contestazione dell’esistenza o consistenza della servitù, chi se ne afferma titolare chiede una pronuncia giudiziale di accertamento del suo diritto e, nell’ipotesi in cui detta contestazione si sia tradotta in impedimenti o turbative all’esercizio della servitù stessa, anche di una pronuncia di condanna alla loro cessazione ed alla rimessione delle cose in pristino, oltre che al risarcimento del danno. Legittimato attivamente è colui che si afferma titolare della servitù; legittimato passivamente il soggetto che, avendo un rapporto attuale con il fondo servente (es. proprietario, usufruttuario), contesta l’esercizio della servitù o che, comunque, ne turba o impedisce l’esercizio.
E’ bene ricordare che l’attore in confessoria servitutis deve fornire la prova rigorosa dell’esistenza della servitù.
Avv. Marcello Maria BOSSI
Avv. Alessia GOLZIO