Licenziamento: tra giusta causa e giustificato motivo non esistono differenze qualitative ma solo quantitative

Con la sentenza n. 26023 del 14.10.2019, la Corte di Cassazione ha ribadito un suo precedente orientamento, enucleando che «nel caso di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, ed in particolare dell’elemento fiduciario; la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente impedimento alla prosecuzione del rapporto deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonchè alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi ed alla intensità dell’elemento intenzionale e di quello colposo e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto, fermo restando che, nell’ipotesi di dipendenti di istituti di credito, l’idoneità del comportamento contestato a ledere il rapporto fiduciario – rapporto che è più intenso nel settore bancario – deve essere valutata con particolare rigore ed a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro. Il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi (Cass. n. 1475/2004; conforme, fra altre: Cass. n. 6609/2003)»

Consulta l’allegato: 2019, n. 26023.pdf

Torino

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