Quesito: “Come posso tutelarmi dal rischio di usucapione per due terreni agricoli coltivati da due persone diverse? I terreni furono concessi, per la coltivazione, a titolo gratuito già da mio padre, defunto di recente e sono condotti, uno in zona montana da 11 anni e l’altro, in pianura, da oltre 20 anni”.
L’usucapione è uno dei modi di acquisto della proprietà in virtù del possesso di un bene continuato nel tempo. Si tratta, in altre parole, di un fenomeno in conseguenza del quale il possesso viene tramutato in proprietà.
L’assenza prolungata del proprietario viene interpretata come segno di disinteresse di quest’ultimo all’esercizio del proprio diritto ed è proprio per questo che il legislatore ha voluto prevedere un istituto premiante chi in quella stessa proprietà, pur non essendone proprietario, investe molto. Si è voluto così eliminare situazioni di incertezza circa l’appartenenza di un bene a vantaggio non soltanto dello sfruttamento economico dello stesso ma soprattutto a vantaggio della circolazione della ricchezza.
L’usucapione già prevista dal Codice Civile come modo di acquisto della proprietà a titolo originario per beni mobili ed immobili, nell’ambito del diritto agrario ha poi trovato una sua disciplina introdotta con la legge 10 maggio 1976, n. 346 che ha inserito nel Codice Civile l’art. 1159 bis.
In virtù del citato testo normativo, qualora l’oggetto dell’usucapione sia un fondo rustico (inteso come qualsiasi fondo rustico indipendentemente dalla sua ubicazione), l’acquisto della proprietà si compie in 15 anni, in luogo dei 20 anni previsti per gli altri beni immobili.
Da un’indagine del dato normativo emerge che ai fini dell’usucapione di un fondo devono sussistere due requisiti uno oggettivo ed uno soggettivo. Il requisito oggettivo attiene alla circostanza che si sia esercitato il possesso sul fondo pacificamente ed ininterrottamente per 15 anni. La continuità va intesa come necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto sul fondo, ossia che non si siano verificate interruzioni derivanti dall’attività del titolare del diritto di proprietà diretta all’esercizio del diritto medesimo (Cass. Civ. n. 10652/1994).
Quanto al requisito soggettivo attiene all’intenzione di utilizzare il bene come se si fosse il proprietario. Il cosiddetto “animus possidendi” non consiste nella convinzione di essere proprietario bensì nell’intenzione di comportarsi come tale esercitando corrispondenti facoltà. L’elemento psicologico, consistente nella volontà del possessore di comportarsi e farsi considerare come proprietario del bene, può essere desunto dalle concrete circostanze di fatto che caratterizzano la relazione del possessore con il bene stesso. In questo contesto va esclusa la sussistenza dell’elemento psicologico, richiesto ai fini dell’usucapione, qualora sia dimostrato che il possessore aveva la consapevolezza di non potere assumere iniziative sulla conservazione e disposizione del bene e qualora l’intestatario del bene non ha dismesso l’esercizio del suo diritto di proprietà ma abbia invece continuato ad assumersene i relativi diritti e facoltà e i corrispettivi obblighi ed oneri (Cass. Civ. n. 4444/2007).
Il semplice ricorrere di questi requisiti non determina, comunque, l’automatico acquisto della proprietà. Posto che la prova dei requisiti sopra indicati deve essere molto puntuale e circostanziata, perché si verifichi l’acquisto della proprietà è necessario che questa venga riconosciuta in giudizio. La domanda di accertamento giudiziale, pertanto, dovrà essere promossa da colui che sostiene di aver usucapito il fondo avanti al Tribunale del luogo ove questo è situato, secondo le modalità prescritte dalla legge. Al termine del giudizio così instaurato, il giudice si esprimerà con un provvedimento che riconoscerà o meno l’acquisto del diritto di proprietà in capo all’usucapiente.
Così inquadrato l’istituto dell’usucapione, emerge come non sia possibile formulare una risposta certa al quesito qui proposto. Il solo dato temporale ivi riportato non permette di capire se in questo caso possano ricorrere o meno gli estremi dell’usucapione, ribadito poi che l’acquisto della proprietà necessita di riconoscimento giudiziario e non è un’automatica conseguenza del decorso del tempo.
In particolare, nel quesito si parla di concessione di terreni “a titolo gratuito”. Nell’usucapione il possessore non ha alcun contatto con il proprietario del terreno ed è proprio per questo che si parla di acquisto a titolo originario così distinguendolo dagli acquisti a titolo derivativo in cui la proprietà passa da un precedente proprietario al futuro proprietario mediante un atto di trasferimento.
La circostanza che vi sia stata questa originaria concessione potrebbe portare a pensare che i soggetti che oggi occupano i terreni in questione non siano possessori ma semplici detentori. A differenza di quanto accade nel possesso finalizzato all’usucapione in cui chi possiede utilizza il bene come se ne fosse il proprietario, nella detenzione chi ha la disponibilità del bene è ben consapevole della volontà del concedente di mantenere la proprietà del bene stesso. Essendo detenzione e possesso situazioni giuridiche differenti perché una detenzione possa tramutarsi in possesso utile a determinare il decorso dei termini per l’usucapione è necessario che si verifichi un mutamento della semplice detenzione in possesso. In giurisprudenza si sostiene che l’interversione della detenzione in possesso può avvenire anche attraverso il compimento di attività materiali, se essi manifestano in modo inequivocabile e riconoscibile dall’avente diritto l’intenzione del detentore di esercitare il potere sulla cosa esclusivamente in nome proprio, vantando per sé il diritto corrispondente al possesso in contrapposizione con quello del titolare della cosa.
Alla luce di quanto sopra, emergono la complessità dell’istituto in esame e l’esiguità delle informazioni desumibili dal quesito qui proposto, dati entrambi che non permettono di dare nel caso di specie una risposta puntuale.
Avv. Marcello BOSSI