L’istituto dell’espropriazione permette alla Pubblica Amministrazione (l’ente espropriante), di privare il proprietario (l’espropriato) dei suoi beni dietro la devoluzione di un corrispettivo: ciò è previsto dalla nostra Costituzione all’art. 42, comma III, il quale prevede che la proprietà privata possa essere espropriata per motivi di interesse generale ma solo nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, ed è disciplinato dall’art. 834 del codice civile, in virtù del quale “nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità”.
Se non fosse prevista tale possibilità sarebbe impossibile realizzare opere di grandi dimensioni, quali per esempio autostrade, ferrovie, acquedotti, […] l’espropriazione consente un trasferimento coattivo dei diritti in capo a colui che effettua l’espropriazione e anche se non sussiste il consenso del titolare del diritto, che potrà pretendere la devoluzione di un corrispettivo pattuito. Numerose sono le norme che hanno disciplinato la procedura di esproprio, tra cui la “legge fondamentale” (Legge 25 giugno 1865 n. 2359), la “legge per la casa” (Legge 22 ottobre 1971 n. 865), la “legge Bucalossi” (Legge 28 gennaio 1977 n. 10), e il D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 noto come T.U.E. Testo Unico in materia di espropriazioni per pubblica utilità (modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002 n. 302). Il Testo Unico de quo disciplina le espropriazioni immobiliari aventi matrice urbanistica, ossia quelle espropriazioni immobiliari strumentali alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità, nonché le espropriazioni a favore di privati, di beni immobili o diritti relativi a beni immobili, per l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità.I due atti fondamentali con cui ha inizio il procedimento di esproprio per pubblica utilità sono: · la dichiarazione di pubblica utilità e · la determinazione dell’indennità di esproprio.Il Testo Unico Espropri ha rivoluzionato le modalità di determinazione delle indennità nei casi di esproprio di terreni agricoli, individuando una procedura ordinaria ed una accelerata (adottata in caso di urgenza), e distinguendo due figure: – il coltivatore diretto, caratterizzato dalla prevalenza del lavoro proprio e della propria famiglia; – l’imprenditore agricolo a titolo principale, colui che conduce a scopo di lucro un’attività economica in ambito agricolo mediante l’organizzazione di un’azienda e dedicando a tale attività una porzione rilevante del proprio reddito, senza che sia necessaria la prevalenza del lavoro diretto del soggetto o della propria famiglia (figura introdotta dalla Legge 153/1975).
L’art. 20 del T.U.E. disciplina la determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione nella procedura ordinaria, e stabilisce che deve essere notificato al proprietario interessato dal procedimento di esproprio l’atto che determina in via provvisoria la misura dell’indennità. Il proprietario stesso ha la possibilità di comunicare con dichiarazione irrevocabile, entro trenta giorni dalla notifica, la propria condivisione alla determinazione dell’indennità di espropriazione: in questo caso il comma VI (modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002 n. 302) riconosce il diritto del proprietario del fondo espropriato a ricevere un acconto pari all’80% dell’indennità, previa autocertificazione che attesta la piena e libera proprietà del bene; al proprietario sono altresì riconosciuti gli interessi nella misura del tasso legale sull’ indennità, sino al momento del pagamento dell’eventuale acconto e del saldo. Nel caso in cui il proprietario si opponga all’immissione in possesso dell’autorità espropriante, questa può ugualmente procedervi con la presenza di due testimoni.
L’art. 21 del T.U.E., che disciplina la determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione, sancisce che se non sussiste accordo sulla determinazione dell’indennità provvisoria, l’autorità procedente invita il proprietario del bene espropriato, entro venti giorni, a comunicare la propria intenzione di avvalersi della Commissione Provinciale istituita presso la Regione o del Collegio Peritale. Successivamente al deposito della relazione di stima, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima stessa, e trascorso il termine per proporre opposizione l’indennità viene fissata nella somma risultante dalla perizia. Per quanto concerne la determinazione dell’indennità di esproprio nella procedura d’urgenza, l’art. 22 del T.U.E. sancisce che se l’avvio dei lavori è urgente e non è possibile ricorrere al procedimento ordinario per determinare l’indennizzo o il numero dei destinatari è superiore a cinquanta, l’autorità espropriante dispone l’indennità di espropriazione entro il termine di sessanta giorni; se l’espropriato non condivide la determinazione dell’indennità ha la possibilità di chiedere la nomina di tecnici (come previsto dall’art. 21 T.U.E.), e se non condivide la relazione finale può proporre opposizione alla stima.
In assenza dell’istanza da parte del proprietario espropriato la determinazione dell’indennità sarà disposta dalla Commissione Provinciale.Il D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, ha introdotto l’art. 22 bis che disciplina l’occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione e sancisce che, se l’avvio dei lavori è particolarmente urgente da non consentire l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 20 commi I e II del T.U.E., può essere emanato decreto motivato che determina l’indennità provvisoria di espropriazione e l’occupazione anticipata dei beni immobili necessari; il decreto viene notificato con le medesime modalità previste dal suddetto art. 20 con l’avvertenza che il proprietario, nei trenta giorni successivi all’immissione in possesso, ha la possibilità di depositare documenti e presentare osservazioni scritte se non condivide l’indennità offerta (in tal caso si applicherà la procedura arbitrale ex art. 21 T.U.E.). Se il proprietario condivide la determinazione dell’indennità, il comma III di tale articolo riconosce un acconto pari all’80% con le stesse modalità previste dal comma VI dell’art. 20 T.U.E.
Occorre rilevare che le indennità previste in favore dei proprietari coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale (art. 40, comma IV), nonché quelle da riconoscere a favore di coltivatori diretti affittuari di aree agricole (art. 42, comma I) o edificabili (art. 37 comma IX), nonché quelle da riconoscere in favore di proprietari coltivatori diretti di aree edificabili (art. 37 comma IX), hanno la finalità di ristorare la perdita dell’occasione di lavoro in agricoltura: per tale genere di indennizzi è applicabile il criterio di liquidazione che si basa sul V.A.M. (valore agricolo medio), che fa riferimento unicamente al tipo di coltura praticata e non ad altri fattori. Possiamo dunque affermare che per le aree agricole il criterio base applicato è quello previsto dall’art. 40 T.U.E. legato al valore agricolo medio, il cui comma IV prevede che il proprietario coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale abbia diritto ad un’indennità aggiuntiva pari al V.A.M. della coltura effettivamente praticata.
La giurisprudenza, in materia chiarisce il punto:Cass. 17714/2002: “l’elemento qualificante della coltivazione diretta del fondo va ravvisato in quello che emerge dagli artt. 2083, 2135 e 2751 bis c.c., trascurando le numerose altre definizioni, tutte ad efficacia settoriale. Tale elemento, pertanto, sussiste in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, dovendosi individuare il requisito della prevalenza in base al rapporto tra forza lavorativa totale occorrente per la lavorazione del fondo e la forza lavoro riferibile al titolare ed ai membri della sua famiglia, a prescindere dall’apporto di mezzi meccanici, e distinguendosi in tal modo il coltivatore diretto dalla figura dell’imprenditore agricolo”.
L’indennità di esproprio dei terreni edificabili ha subito un importante innovazione in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 349/2007, con cui la Suprema Corte dichiarava l’illegittimità costituzionale delle norme che in tema di esproprio di terreni edificabili prevedevano indennizzi inferiori al valore di mercato.Il legislatore ha dovuto adeguarsi a tale orientamento giurisprudenziale: l’art. 2 comma 89 lett. a) della L. n. 244/2007 ha modificato i primi due commi dell’art. 37 T.U.E. disponendo al primo comma che “l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene”; per valore venale del fondo si intende che il proprietario espropriato ha il diritto di ricevere un indennizzo commisurato all’entità del danno effettivamente prodotto. Il secondo comma sancisce che “nei casi in cui è stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che risulta inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10 per cento”.
Se l’area edificabile viene utilizzata a scopi agricoli, ex art. 37 comma IX T.U.E., al proprietario coltivatore spetta un indennizzo pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato.
Un ulteriore indennità di esproprio che rappresenta una forma di agevolazione eccezionale in materia di espropriazioni per pubblica utilità è caratterizzata dalla triplicazione; la ratio della norma è quella di riparare non solo il pregiudizio subito da colui che trae dal fondo i mezzi della propria sussistenza ma in generale il danno subito da un soggetto che nell’ attività agricola sul fondo esercita la propria professione. Ai fini del diritto alla triplicazione, l’attività agricola di coltivazione deve costituire la professione del proprietario, da intendersi come l’occupazione principale sotto il duplice profilo del tempo lavorativo dedicato ad essa e del reddito da lavoro che viene ricavato.Infine, è importante ricordare che al coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale, nel caso di esproprio di terreno agricolo mediante occupazione d’urgenza, è riconosciuto in caso di accettazione dell’indennità, un acconto pari all’80% del valore agricolo medio triplicato e il 20% al saldo (T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent. n. 886 del 09.06.2011).Una recente sentenza della Corte Costituzionale, n. 181/2011, del 10.06.2011, ha introdotto nuove prospettive indennitarie per i terreni che, seppur non edificabili, possono essere apprezzati dal mercato immobiliare in modo diverso rispetto alle aree agricole; per tali terreni il criterio utilizzato per determinare l’indennità è quello relativo al valore di mercato ricavabile dalle caratteristiche essenziali e dalla potenziale destinazione economica.
Si tratta della stima del valore venale del fondo che, seppure non sia dotato di capacità edificatoria, può possedere potenzialità legali ed effettive di utilizzo diverse e più redditizie di quelle agricole.Tale sentenza ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 40 comma II e comma III, producendo effetti sull’art. 45 T.U.E. che prevede la cessione volontaria; in proposito la Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia con deliberazione del 21.03.2012, n. 181, ritiene che non si possa continuare ad applicare le maggiorazioni previste dalle norme, sostituendo il parametro assunto dal legislatore come base di calcolo (il VAM) con criteri per la determinazione dell’indennità di espropriazione che derivano dalla declaratoria di illegittimità costituzionale. Questo perché le maggiorazioni di cui alle lettere c) e d) dell’art. 45 T.U.E. erano state previste per neutralizzare i criteri riduttivi di un valore estimativo (il VAM) che non è più utilizzato per il calcolo del corrispettivo, in seguito alla declaratoria di illegittimità del comma III dell’art.40.Pertanto, si ritengono applicabili i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’indennità per l’esproprio che, “essendo destinata a tener luogo del bene espropriato, è unica e non può superare in nessun caso il valore che in esso presenta, in considerazione della sua concreta destinazione, e nelle singole fattispecie, neppure quello derivante dal criterio di valutazione posto dalla legge applicabile per determinarlo” (cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent. 23.01.2012, n. 893).
In conclusione è possibile affermare che: il coltivatore diretto e l’imprenditore agricolo a titolo principale hanno il diritto di ricevere un’indennità in seguito all’espropriazione di terreno; l’indennità riconosciuta al proprietario espropriato dovrà essere pari al V.A.M.La Corte dei Conti ritiene che, nell’impossibilità di fare riferimento alle norme non più applicabili (art. 40 comma III) e in assenza di un intervento legislativo successivo alla sentenza 181/2011, l’unica via percorribile sarà quella della determinazione del corrispettivo per la cessione volontaria con le medesime modalità ora possibili per il calcolo dell’indennità di espropriazione, che si basa sul valore venale nel caso di aree non edificabili e non coltivate (art. 39 L. 2359/1865) e in base al valore agricolo effettivo per le aree non edificabili e coltivate (art. 40, comma I); non potranno essere applicate le maggiorazioni previste dall’art. 45 comma II, lettere c) e d).
A questi due soggetti è riconosciuto un indennizzo che deve comprendere il ristoro del pregiudizio arrecato dall’espropriazione all’attività aziendale agricola esercitata sul quel terreno, nel senso che il pregiudizio deve concretamente consistere in un danneggiamento materiale dell’immobile o nella compromissione di una condizione di fatto essenziale per l’utilizzazione o il godimento dello stesso (Cass. n. 8502/2006, n. 27801/2005), e deve risolversi sul piano economico in una effettiva diminuzione del valore venale del bene su cui era allocata l’azienda agricola.
Avv. Marcello BOSSI