La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 11135 del 04.07.2012 ha risolto un dibattito giurisprudenziale in merito alla corretta qualificazione della posizione di un comproprietario di un immobile locato dall’altro comunista ad un soggetto terzo senza previa condivisione dell’attività di disposizione del bene comune.
Sul punto prima della pronuncia in questione si distinguevano due diverse teorie: un primo orientamento riteneva che la fattispecie in esame avrebbe dovuto seguire le regole del mandato senza rappresentanza; secondo un altro orientamento, sarebbe stato possibile sussumere la fattispecie in questione nello schema della gestione d’affari nell’interesse comune.
La differenza rilevava sul piano pratico oltre che teorico, dato che solo nel secondo caso sarebbe stato possibile tutelare l’affidamento del conduttore (il contratto di locazione sarebbe rimasto pienamente efficace nonostante la mancanza del consenso di tutti i comproprietari) e lasciare comunque intatta la pretesa di tutti i comunisti all’ottenimento della quota dei canoni ricevuti dall’unico formale locatore (il non locatore infatti, a seguito, di ratifica avrebbe potuto partecipare alla divisione dei canoni percepiti a seguito della locazione sulla base della propria partecipazione alla comunione).
Le Sezioni Unite hanno definitivamente sposato il secondo orientamento, sostenendo che «la locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell’ambito della gestione di affari altrui ed è soggetta alle regole di tale istituto, tra le quali quella di cui all’art. 2032 cod. civ., sicché, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore può ratificare l’operato del gestore e, ai sensi dell’art. 1705, secondo comma, cod. civ., applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato art. 2032 cod. civ., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla rispettiva quota di proprietà indivisa».
Dott. Mattia Angeleri