La Retribuzione Professionale Docente (RPD) e il Compenso Individuale Accessorio (CIA) rispetto al Principio di Non Discriminazione: Analisi della Disparità di Trattamento tra personale della Scuola a tempo determinato e indeterminato

Per quanto riguarda il contesto scolastico, la Retribuzione Professionale Docente (RPD) ed il Compenso Individuale Accessorio sono un elemento retributivo previsto dall’art. 25 del C.C.N.L. Integrativo Comparto Scuola del 1999, applicabile a tutto il personale docente, educativo e ATA. Esso consiste in un compenso individuale accessorio, riconosciuto sia al personale con contratto a tempo indeterminato sia a quello con contratto a tempo determinato, sebbene con alcune limitazioni. In particolare, l’indennità in questione viene corrisposta per 12 mensilità ai lavoratori a tempo indeterminato o determinato con supplenze da inizio anno sino al termine dell’attività didattica mentre non viene riconosciuta al personale a tempo determinato che abbia concluso delle supplenze brevi e saltuarie.

Una particolare criticità emerge dalla disciplina che regola la corresponsione della RPD ai docenti di religione cattolica. La Circolare Ministeriale n. 118 del 14 aprile 2000 ha stabilito che i docenti di religione con supplenza annuale possano percepire la RPD solo fino al 30 giugno, limitando il diritto a 10 mesi, rispetto ai 12 mesi di cui godono i colleghi non di religione. Questa disposizione rappresenta una chiara discriminazione tra docenti di religione cattolica e non, pur in presenza di incarichi di durata equivalente. Infatti, i docenti di religione, al pari degli altri docenti con incarichi annuali, prestano servizio anche nei mesi di luglio e agosto, motivo per cui non si ravvisano ragioni oggettive che giustifichino una differente retribuzione.

Le condizioni di impiego del personale scolastico a tempo determinato sono del tutto sovrapponibili a quelle dei colleghi a tempo indeterminato, e RPD e CIA, essendo un compenso legato alla funzione svolta, rientra chiaramente nella nozione di “condizioni di impiego” di cui alla clausola 4 dell’Accordo Quadro. La limitazione del diritto alla RPD per i docenti di religione cattolica a tempo determinato nonché per i docenti che hanno concluso contratti a tempo determinato brevi e saltuari viola pertanto il principio di non discriminazione, dal momento che non esistono ragioni oggettive e concrete che giustifichino tale disparità di trattamento.

La giurisprudenza italiana ha confermato che le clausole contrattuali, anche quando introducono differenziazioni nei trattamenti retributivi, devono essere interpretate alla luce del principio di non discriminazione sancito dalla Direttiva 1999/70/CE e dall’Accordo Quadro. La Direttiva 1999/70/CE stabilisce un principio chiave per la tutela dei lavoratori a tempo determinato: la clausola 4 sancisce che tali lavoratori non possano essere trattati in modo meno favorevole rispetto a quelli a tempo indeterminato, a meno che non vi siano ragioni oggettive. Questo principio è stato adottato per migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato, garantendo che i dipendenti non vengano privati dei diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato, e fissando requisiti minimi per evitare disparità di trattamento.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che le “ragioni oggettive” per differenziare i trattamenti devono riferirsi a circostanze precise e concrete legate alla natura specifica delle funzioni svolte o al perseguimento di obiettivi legittimi di politica sociale da parte degli Stati membri. Questo principio si applica indistintamente sia nel settore pubblico che in quello privato, estendendosi a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite in regime di contratto a tempo determinato. In mancanza di significative diversificazioni nelle prestazioni lavorative tra docenti con contratti a termine e a tempo indeterminato, pertanto, qualsiasi disparità deve essere giustificata da elementi concreti e specifici, che nel caso dei docenti di religione cattolica non sono riscontrabili.

Di conseguenza, l’attuale normativa che limita la RPD ai docenti di religione cattolica fino al 30 giugno e ai docenti non di religione solo laddove non  abbiano effettuato supplenze brevi e saltuarie, costituisce una palese violazione del principio di parità di trattamento. La ratio dell’emolumento è infatti quello di compensare l’apporto professionale di ogni lavoratore in vista della valorizzazione della funzione educativa e del miglioramento del servizio scolastico.

Avv. Mattia Angeleri

Torino

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