E-commerce: gli oneri di informazione in capo al venditore

Il contratto telematico è quel particolare contratto concluso a distanza e al di fuori dai locali commerciali in cui il perfezionamento dell’accordo avviene tramite Internet ed è regolato, oltre che dalle norme sui contratti, anche da specifiche disposizioni, quali quelle del d.lgs. 70/2003 attuative della Direttiva 2000/31/CE in tema di commercio elettronico nonché del d.lgs. 82/2005. Per la disciplina riguardante la raccolta e la trattazione dei dati personali si rinvia invece al Regolamento (UE) n. 2016/679 (in sigla GDPR).

L’art. 6 del d.lgs. n. 70/2003 sottolinea come «l’accesso all’attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione e il suo esercizio non siano soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto equivalente». Questo comporta che qualsiasi soggetto può liberamente esercitare un servizio di e-commerce. La Corte di Giustizia dell’UE, con la sentenza 4 ottobre 2018 – Causa C-105/17, con riguardo alla qualificazione di professionista, ha stabilito come «una persona fisica che pubblica su un sito internet taluni annunci per la vendita di beni nuovi o d’occasione non può essere qualificata come professionista se l’indicata persona non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Spetta al giudice nazionale procedere alla verifica di tale situazione, tenendo conto che le nozioni di professionista e di pratiche commerciali sono proprie del diritto dell’Unione europea». La non qualificazione di professionista del venditore, infatti, è estremamente rilevante ai fini della non applicazione della disciplina di vantaggio prevista a favore dei consumatori dal d.lgs. 82/2005.

Una particolarità del contratto telematico attiene agli oneri di informazione in capo al venditore che esercita il proprio commercio online. L’art. 7 del d.lgs. n. 70/2003 definisce le informazioni pre contrattuali obbligatorie che devono essere fornite ai consumatori nonché le modalità per renderle accessibili agli stessi, in modo facile, diretto e permanente. Il fornitore ha l’obbligo di informare il consumatore:

  1. sui propri dati identificativi,
  2. sulle caratteristiche essenziali del bene o del servizio offerto e del loro costo,
  3. sulle modalità di pagamento e di consegna del bene o più in generale di esecuzione del contratto.

L’informazione obbligatoria va fornita in modo chiaro e comprensibile e con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione impiegata, osservando, in particolare, i principi di lealtà in materia di transazione commerciale.

Ancora in tema di informazione pre contrattuale, il prestatore, salvo diverso accordo tra parti che non siano consumatori, deve fornire in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell’inoltro dell’ordine da parte del destinatario del servizio, indicazioni:

  1. sulle varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
  2. sul modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
  3. sui mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore;
  4. sugli eventuali codici di condotta cui aderire e come accedervi per via telematica;
  5. sulle lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all’italiano;
  6. sull’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.

L’art. 8 del medesimo decreto stabilisce inoltre gli obblighi da seguire in relazione alle comunicazioni commerciali. Tali comunicazioni sono da intendersi come quella parte della comunicazione aziendale che ha come obiettivo l’estensione del mercato e la formazione o il consolidamento di relazioni fra l’impresa e gli stakeholders. In questi casi è necessario che il fornitore già dal primo invio informi in modo chiaro ed inequivocabile:

  1. che si tratta di comunicazione commerciale;
  2. la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione commerciale;
  3. che si tratta di un’offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le relative condizioni di accesso;
  4. che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione.

Nel caso in cui la comunicazione commerciale non sia stata richiesta (c.d. spam) è altresì necessaria che questa appaia chiaramente identificabile come tale (per esempio, con la dicitura “Comunicazione commerciale non sollecitata” o la sigla “NS” nell’oggetto della posta) e contenga l’indicazione delle modalità con cui il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tale comunicazione. La disciplina in materia di anti-spam è di focale importanza per evitare di incorrere in eventuali responsabilità di carattere penale e civile (responsabilità ad oggi disciplinata quale responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2051 c.c.).

Cautele particolari sono poi dettate nel caso in cui i servizi offerti attengano a prestazioni proprie di professioni regolamentate (avvocato, medico, ecc.): l’offerta deve essere «conforme alle regole di deontologia professionale e, in particolare, all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi» (art. 10 d.lgs. n. 70/2003).

La violazione dei doveri informativi precontrattuali può comportare oltre ad un eventuale richiesta risarcitoria per responsabilità precontrattuale (ad es. per le spese sopportate a causa delle trattative e per la perdita di chance commerciali), l’erogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 10.000 euro che, nei casi di particolare gravità o di recidiva, può essere raddoppiata.

Dott. Mattia Angeleri 

Torino

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