Diritto del lavoro: il mutamento del datore di lavoro e delle mansioni escludono la persistenza della giusta causa di licenziamento?

L’affidamento riposto dal datore di lavoro nelle qualità morali e nelle capacità professionali del lavoratore può venire meno e giustificare il licenziamento anche nel caso in cui si tratti di un illecito commesso durante un precedente rapporto di lavoro, intercorso con altro datore.

In tema di trasferimento d’azienda, deriva dall’art. 2112 c.c., che i mutamenti nella titolarità non interferiscono con i rapporti di lavoro già intercorsi con il cedente, che continuano a tutti gli effetti con il cessionario, con la conseguenza che questi subentra in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente, essendo del tutto incongruo (in contrasto con i canoni ermeneutici applicabili per la normativa de qua) presumere, in assenza di una specifica deroga legislativa, che il cessionario assuma solo le obbligazioni e non anche i diritti ed i poteri del cedente nella gestione di un identico rapporto di lavoro “che continua”. Ne consegue che il cessionario può esercitare i poteri disciplinari inerenti al rapporto di lavoro per fatti precedenti la cessione dell’azienda.

Questo è anche conforme alla direttiva comunitaria n. 77/187 (introdotta nel nostro ordinamento con la L. 29 dicembre 1990, n. 428) ha sancito che «i diritti e gli obblighi, che risultano per il cedente di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario» (art. 3, comma 1, della direttiva cit. e successivi artt. 3, comma 1, delle direttive nn. 98/50 e 2001/23).

In caso di trasferimento di ramo d’azienda, affinché l’affidamento riposto dal datore di lavoro nelle qualità morali e nelle capacità professionali del lavoratore possa venire meno e possa così giustificare il licenziamento, non è necessario che il comportamento lesivo sia stato tenuto durante lo svolgimento del rapporto ma può essere sufficiente un fatto che, non ancora conosciuto o non sufficientemente accertato quando il rapporto iniziò, sia divenuto palese successivamente, durante lo svolgimento del rapporto; pertanto, il fatto che il comportamento illecito sia avvenuto prima del trasferimento non esclude la legittimità del licenziamento operato dal cessionario, vieppiù laddove, come nella specie, l’illecito abbia natura penale[1].  

 Il licenziamento disciplinare sarebbe tuttavia illegittimo nel caso in cui illegittimo fosse anche la cessione del ramo d’azienda. Il trasferimento del rapporto di lavoro si determina infatti solo quando si perfeziona una fattispecie traslativa conforme al modello legale; diversamente, nel caso di invalidità della cessione (per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c.) e di inconfigurabilità di una cessione negoziale (per mancanza del consenso della parte ceduta quale elemento costitutivo della cessione), quel rapporto di lavoro non si trasferisce e resta nella titolarità dell’originario cedente[2].

Dott. Mattia Angeleri 

[1] Cassazione civile sez. lav., 09/10/2015, n. 20319; Cass. 27 settembre 2007 n. 20221; Cass. n. 7338/1986.

[2] Cass. 12442/2020; cfr. da ultimo: Cass. 28L febbraio 2019, n. 5998; in senso conforme, tra le altre: Cass. 18 febbraio 2014, n. 13485; Cass. 7 settembre 2016, n. 17736; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2281, le quali hanno pure ribadito il consolidato orientamento circa l’interesse ad agire del lavoratore ceduto nonostante la prestazione di lavoro resa in favore del cessionario.

Torino

© 2023 | Powered by
AdvCity – Agenzia Pubblicitaria