Diritto processuale

  • Il "decreto Milleproroghe" interviene anche con riferimento alla mediaconciliazione di cui al d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 la cui entrata in vigore è prevista per il 20 marzo prossimo. L'obbligatorietà della mediazione civile (prevista come causa di procedibilità nelle vertenze indicate nel decreto legislativo citato)viene rinviata di un anno per le sole controversie in materia di condominio e sinistri stradali nonostante le forti critiche alla sua costituzionalità sollevate anche dall'OUA (Organismo unitario dell'avvocatura).

  • Con l'entrata in vigore della legge 14 settembre 2011 n. 148 (Manovra bis) il legislatore ha modificato l'art. 8, comma V, del Decreto Legislativo 04 marzo 2010 n. 28 (Attuazione della Legge in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali) statuendo che la parte costituita nel procedimento giudiziario che non abbia previamente partecipato, senza giustificato motivo, al tentativo di mediazione obbligatoria dovrà essere condannata al versamento di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

  • Con la sentenza del 26.03.2012, n. 4830 la Corte di Cassazione ha confermato il principio secondo cui, in tema di mediazione, presupposto essenziale del diritto al compenso non è necessariamente il conferimento espresso dell'incarico, quanto piuttosto la circostanza che il mediatore abbia di fatto svolto un'attività utile per la conclusione dell'affare e che di tale attività le parti fossero consapevoli e da essa abbiano tratto vantaggio.
    La Suprema Corte ha, di poi, chiarito che la persona giuridica che intenda conferire incarico al mediatore non deve osservare forme particolari (salvo ovviamente il caso in cui sia conferito anche il potere di rappresentare il mandante nella conclusione del contratto intermediato e per quest'ultimo sia richiesta la forma scritta) poiché anche per l'attività economica delle persone giuridiche vale il principio della libertà delle forme per tutti gli atti per i quali la legge non richieda una forma particolare.

     

  • Con la sentenza del 16.03.2012 n. 4228 la Corte di Cassazione, confermando il proprio consolidato orientamento, ha ribadito che, in tema di mediazione, a norma dell’art. 1758 c.c. quando l’affare si è concluso con l’intervento di più mediatori, congiunto o distinto, concordato od autonomo, in base allo stesso o a più incarichi, ognuno dei mediatori ha diritto ad una quota della provvigione, sempre che ciascuno di essi si sia giovato dell'apporto utile degli altri, limitandosi ad integrarlo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità tra i vari separati interventi e la conclusione dell'affare e sempre che si sia trattato in ogni caso dello stesso affare sotto il profilo oggettivo e soggettivo. La Suprema Corte ha, altresì, precisato che l’accertamento dell'efficacia causale dell'attività del singolo mediatore nella conclusione dell'affare è un accertamento di fatto che, se sorretto da motivazione adeguata e non contraria a norme di legge, non è sindacabile in sede di legittimità.

  • Il Senato ha approvato il 16 febbraio 2011 il testo emendato del decreto "Mille proroghe". In evidenza la parte del testo in interesse per i docenti precari.

  • Approvato il testo definitivo della legge n. 10 del 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2011, con la conversione del decreto legge n. 225/2010 (cosidetto "decreto milleproroghe"). Al comma 4.novies le uniche novità di interesse per i docenti su cattedre estere.

  • La Corte di Cassazione con sentenza n. 7785 del 5 aprile 2011 ha affermato che l'agente preposto al servizio di polizia stradale è l'unico abilitato ad attribuire fede privilegiata all'accertamento. Nel caso esaminato il tribunale aveva sottolineato che l'Amministrazione aveva ammesso di aver affidato "l'intera gestione" degli apparecchi ad una ditta privata e aveva solo genericamente asserito che la supervisione veniva svolta dalla Polizia municipale; in tal modo lasciando indimostrato lo svolgimento di quell'elemento di certezza e legalità che "solo la presenza del pubblico ufficiale può garantire al cittadino". Sarebbe stato onere del'Amministrazione stessadimostrare  che l'assistenza tecnica di un privato operatore era limitata all'installazione ed all'impostazione dell'apparecchiatura, secondo le indicazioni del pubblico ufficiale; che la gestione delle apparecchiature elettroniche per l'accertamento delle infrazioni (art. 345 reg. esec. C.d.S., comma 4) era rimasta riservata ai pubblici ufficiali (art. 11 e 12 C.d.S.); che l'assistenza tecnica dell'operatore privato era configurabile come un ruolo subordinato a quello dei vigili urbani .

  • La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4725 del 25 febbraio 2011 ha escluso che, con riferimento alle violazioni riferite all'accesso alle ZTL ovvero all'utilizzo di corsie riservate, sia obbligatoria la contestazione immediata, statuendo che, in tema di accertamento delle infrazioni al codice della strada, l'espressa previsione contenuta nell'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, così come introdotto dalD.L. 27 giugno 2003, n. 151, art.4, conv. inL. 1 agosto 2003, n. 214, ha assoggettato ad identica disciplina, ai fini dell'esonero dall'obbligo di contestazione immediata, sia l'accesso alle zone a traffico limitato sia la circolazione sulle corsie riservate, così producendo l'effetto di rendere possibile, dal momento in cui tale norma è entrata in vigore, l'utilizzo dei dispositivi previsti dallaL. n. 127 del 1997, art.17, comma 133 bis, (cosiddette "porte telematiche"), specificandosi, peraltro, che tali dispositivi, anche se installati in conformità di specifiche autorizzazioni ministeriali precedenti l'entrata in vigore dell'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. g), consentono anche la rilevazione degli illeciti relativi agli accessi alle corsie riservate, poste in corrispondenza o all'interno dei varchi di accesso alle zone a traffico limitato.
  • Con la sentenza del 20.07.2012 n. 12670 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell'atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario, e che l'avviso di ricevimento prescritto dall'art. 149 c.p.c. e dalle disposizioni della L. 20.11.1982 n. 890 è il solo documento idoneo a dimostrare sia l'intervenuta consegna sia la data di essa e l'identità e l'idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita. A ciò consegue che, anche nel processo tributario, qualora tale mezzo sia adottato per la notifica del ricorso, la mancata produzione dell'avviso di ricevimento comporta non la mera nullità, ma la insussistenza della conoscibilità legale dell'atto cui tende la notificazione, della quale pertanto non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c., e l'inammissibilità del ricorso medesimo, in quanto non può accertarsi l'effettiva e valida costituzione del contraddittorio, anche se risulta provata la tempestività della proposizione dell'impugnazione.

  • Con la sentenza del 05.09.2012, n. 14865 la Corte di Cassazione ha precisato che in tema di notifica a persona giuridica non è richiesta, ai fini della sua validità, la previa ricerca da parte dell’ufficiale giudiziario, del legale rappresentante della società; ai fini della regolarità della notifica è, infatti, sufficiente che la consegna del plico sia effettuata a favore di persona rinvenuta nello stabile, ancorché non legata al legale rappresentante da vincolo di subordinazione.La Suprema Corte chiarisce, di poi, che qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, con la conseguenza che la società, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per averne mai ricevuto incarico alcuno.La prova dell'insussistenza di un rapporto siffatto non è, pertanto, adempiuto con la sola dimostrazione dell'inesistenza d'un rapporto di lavoro subordinato tra la persona in questione ed il destinatario della notifica, attesa la configurabilità di altri rapporti idonei a conferire la richiesta qualità.

  • Con sentenza n. 5662 del 9 marzo 2011 la Corte di Cassazione ha asserito che è applicabile anche al processo tributario la regola generale secondo cui "l'effetto delle variazioni anagrafiche, ai fini delle notifiche, è immediato" (Cass. n. 26542/2008). Alla stregua della data realtà fattuale, in applicazione del principio anzi richiamato,  il Collegio ha ritenuto che nel caso esaminato la notifica del ricorso di appello risultasse affetta da nullità, (Cass. 27450/2005, n. 5011/2000, n. 4804/2000) essendo stata eseguita nei confronti del destinatario, mediante consegna a soggetto diverso dal contribuente ed in luogo non coincidente con la sua residenza, stante che le circostanze relative alla parziale difformità del nome ed alla sostanziale diversa residenza, non solo risultavano dalla documentazione in atti ma, pure, erano rimaste incontestate (Cass. n. 1540/2007, n. 5488/2006, n. 2273/2005).

  • Con la sentenza dell'11.04.2012, n. 5729 la Corte di Cassazione ha precisato che la consegna dell'atto da notificare "a persona di famiglia", secondo il dispostodell'art. 139 c.p.c., non postula necessariamente il solo rapporto di parentela - cui è da ritenersi equiparato quello di affinità - né l'ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell'atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, di contro, sufficiente l'esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la "persona di famiglia" consegnerà l'atto al destinatario stesso.La Suprema Corte ha chiarito, altresì, che è posto, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l'atto l'onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafìche del familiare medesimo.

  • Con sentenza n. 24160 del 27.09.2019 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui «per una valida notifica tramite PEC si deve estrarre l'indirizzo del destinatario solo dal pubblico registro ReGIndE e non dal pubblico registro INI-PEC»; ne consegue che «la notifica di un atto giudiziario effettuata a mezzo PEC ad un indirizzo non presente nel RegInDE è da considerarsi nulla».

  • Con la sentenza del 24.11.2011, n. 24858 la Corte di Cassazione ha confermato il principio secondo cui il giudice chiamato a decidere dell'opposizione al decreto ingiuntivo può rilevare d'ufficio l'inammissibilità dell'opposizione per inosservanza del termine prescritto dall'art. 641 c.p.c. unicamente nel caso in cui dagli atti del giudizio emerga con certezza la tardività dell'opposizione in riferimento sia al dies a quo (ovvero alla data di notificazione del decreto) che al dies ad quem (ovvero alla data della relativa opposizione).La Suprema Corte ha, di poi, chiarito che nell'ipotesi in cui sia noto soltanto il dies ad quem e l'opponente non abbia prodotto la busta contenente il decreto notificato, il giudice dell'opposizione non potrà, in assenza di ulteriori elementi probatori, dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione in discussione per inosservanza del termine di cui all'art. 641 c.p.c. in quanto la predetta busta indica soltanto la data di smistamento del plico presso l'ufficio postale e non anche quella di effettivo recapito al destinatario.

  • Si susseguono le pronunce di merito dopo la nota sentenza di Settembre 2010 delle Sezione Unite della Suprema Corte: il  Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza del 23 novembre 2010 ha stabilito che la costituzione in giudizio dell'opponente, tempestiva all'epoca della iscrizione della causa a ruolo, non può diventare tardiva a seguito di una successiva interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione che, qualificata come ius superveniesin materia processuale, non può avere efficacia in senso lato retroattiva.

  • Il Tribunale di Torino, Sezione I, con ordinanza dell' 11.10.2010 è intervenuta sulla questione insorta dopo la sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 19246, depositata il 09.09.2010. Considerato che il nuovo principio interpretativo dato dalla Suprema Corte al combinato disposto degli artt. 165 e 645, II co., c.p.c. impone all'opponente di costituirsi entro il termine di cinque giorni dalla notifica dell'atto di citazione e che tale interpretazione ha mutato il precedente indirizzo interpretativo della stessa Corte di Cassazione secondo cui il termine di costituzione doveva intendersi ridotto della metà solo per l'ipotesi in cui l'opponente si fosse avvalso della facoltà di ridurre il termine di comparizione, il Tribunale di Torino ha ritenuto che la mancata costituzione nel predetto termine breve non fosse impuitabile all'opponente. Alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art. 11 Cost.) ha, quindi, ritenuto sussistenti i presupposti per la rimessione in termini di cui all'art. 153 c.p.c., alla cui applicazione non ha ritenuto ostativa la mancata istanza di parte.

     

  • Con la sentenza n. 24669 del 19.11.2014 la Corte di Cassazione ha affermato che qualora la sentenza di condanna al pagamento di differenze retributive non consenta una esatta quantificazione degli importi dovuti dal datore di lavoro o comunque una quantificabilità sulla base di parametri oggettivi e predeterminati, nel giudizio di opposizione al precetto incombe sul creditore, che ritorna ad essere attore in senso sostanziale, l’onere di fornire, in caso di contestazione sugli importi pretesi, la prova della loro esattezza.

  • Con la sentenza del 16.10.2012 n. 17749 la Corte di Cassazione ha affermato che l'opposizione al preavviso di fermo finalizzata a far valere i vizi formali della cartella esattoriale, rispetto alla quale il fermo costituisce misura latu sensucautelare, si configura come opposizione all'esecuzione forzata, sia pure nella sua fase prodromica di opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c.. La Suprema Corte ha altresì precisato che in siffatta ipotesi competente per territorio è il Giudice di Pace del luogo di residenza della parte opponente in ragione della natura dell'opposizione dalla medesima posta in essere e del combinato disposto dagli artt. 615, I comma, c.p.c., 27 c.p.c. e 480, III comma, c.p.c.

  • Con la sentenza del 15.05.2012, n. 7527 la Corte di Cassazione ha precisato che la prescrizione presuntiva di cui all'art. 2956, comma I n. 2), c.c., anche se fondata su di una presunzione, è cosa ben diversa dalla presunzione stessa e, a differenza di questa, non è un mezzo di prova, ma incide direttamente sul diritto sostanziale limitandone la protezione giuridica.
    Come chiarito dalla Suprema Corte, questa incidenza sostanziale non è, per sua natura, diversa anche se più limitata - da quella derivante dalla prescrizione ordinaria, che giunge sino all'estinzione del diritto, e, pertanto, è regolata dagli stessi principi, con la conseguenza che alla stessa è applicabile il principio di cui all'art. 2937 c.c. della rinunciabilità alla prescrizione.Affinché si verifichi l'ipotesi della rinuncia tacita alla prescrizione deve essere riscontrata una incompatibilità assoluta tra il comportamento del debitore e la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui: nel comportamento del debitore deve, quindi, necessariamente essere insita, senza possibilità di una diversa interpretazione, l'inequivoca volontà di rinunziare alla prescrizione già maturata e, quindi, di considerare come tuttora esistente ed azionabile quel diritto, che si era, invece, estinto.Tale ipotesi secondo la sentenza in discussione si verifica nel caso in cui il cliente di un professionista, a fronte della parcella da quest'ultimo presentata, adduca sia verbalmente che per iscritto "la propria difficile situazione economica” e chieda al professionista di  soprassedere dal porre in essere azioni legali volte al recupero dei propri compensi affermando di “non volersi sottrarre ai suoi doveri in merito alle prestazioni svolte e dia la propria parola che non sarebbe cambiato il suo impegno a regolare la propria posizione appena possibile" posto che tali dichiarazioni sono da ritenere "incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione (in ipotesi) maturata relativamente a taluni dei compensi vantati dal professionista”.
  • Con la sentenza del 04.07.2012, n. 11145 la Corte di Cassazione ha stabilito che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, le prescrizioni presuntive trovano fondamento e ragione esclusivamente in quei rapporti che s'instaurano senza formalità ed in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione di pagamento né rilascio dì quietanza scritta, con la conseguenza che non possono operare nell'ipotesi in cui il credito fatto valere tragga origine da un contratto stipulato in forma scritta proprio perchè i rapporti risultanti da scritture non si possono ricomprendere fra quelli in cui è d'uso comune l'immediato pagamento.La Suprema Corte ha chiarito che qualora il credito abbia ad oggetto il compenso dovuto ad un avvocato per prestazioni giudiziali, l'atto scritto richiesto ai fini dell'esclusione dell'operatività della prescrizione di cui all'art. 2956, n. 2, c.c. non può essere individuato nella procura rilasciata ai fini della proposizione della domanda o della resistenza in giudizio poiché la procura costituisce un negozio unilaterale volto ad investire il difensore della rappresentanza processuale che deve essere tenuto nettamente distinto dal relativo contratto.Come chiarito dai giudici di legittimità il contratto di prestazione d'opera professionale sottoscritto dal cliente attiene al rapporto interno tra il professionista ed il cliente medesimo e può essere stipulato anche da un soggetto diverso da colui che rilascia la procura ad litem, instaurandosi in tal caso un rapporto extraprocessuale, collaterale a quello endoprocessuale avente ad oggetto l'attribuzione della rappresentanza, e regolato dalle norme di diritto sostanziale che disciplinano il mandato.