Con la sentenza del 18.01.2013, n. 1266 la Corte di Cassazione ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la consulenza tecnica d'ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all'inerzia delle parti. Secondo la Suprema Corte nel caso in cui il giudice ammettesse la consulenza d'ufficio volta ad acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, verrebbe snaturata la funzione assegnata dal codice a tale istituto e si concreterebbe una violazione del giusto processo, presidiato dall'art. 111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata. Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha ribadito che in tema di consulenza contabile in materia condominiale è legittima la mancata ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio allorché la stessa sia "richiesta non per evidenziare le singole poste contabili sulla scorta delle acquisizioni fatte ad iniziativa delle parti bensì per ricercare ed indicare i documenti ad esse astrattamente idonei", a nulla valendo in senso contrario il presunto consenso della controparte all'acquisizione documentale in sede di perizia, posto che detto consenso non può surrogare la valutazione propria del giudice del merito in ordine all'ammissibilità o meno della consulenza d'ufficio e che, ai sensi dell'art. 198 cod. proc. civ., esso avrebbe potuto essere espresso solo con riferimento all'esame di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice (una volta ammessa la c.t.u.), ma non già a consentire la produzione di prove documentali concernenti fatti e situazioni poste direttamente a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito.